Ex ilva, buste paga da fame: operai chiedono aiuto al Mise

L'azienda ha presentato un piano industriale caratterizzato da un numero incredibile di esuberi.

di Valentina Cervelli 9 Giugno 2020 10:46

La situazione degli operai nell’impianto ex Ilva è tutt’altro che semplice: ArcelorMittal ha presentato al Governo il nuovo piano industriale 2020-2025, pieno di tagli al personale. E come se non bastasse la possibilità di uno stipendio da fame, in alcuni casi mancante del tutto per alcuni lavoratori, non rende di certo facile la gestione del problema.

Troppi esuberi nel piano industriale ArcelorMittal

Il piano industriale per l’Ex Ilva presentato da ArcelorMittal per i prossimi 5 anni propone 7.500 occupati nel gruppo e una produzione di 6 milioni di tonnellate. Questo si traduce, rispetto alle indiscrezioni girate nel settore per settimane in almeno 3.200 esuberi tra i diretti ai quali si devono aggiungere i 1.800 in cassa integrazione dell’Ilva per un numero totale praticamente pari a 5mila.

Insomma un vero e proprio bagno di sangue come fatto comprendere anche dal ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, che ha sottolineato come il piano presentato dall’azienda non sia quello che il Governo si aspettava e che soprattutto non rispetta quelli che erano gli accordi presi a marzo. La giustificazione? Il calo del mercato dell’acciaio e la crisi innescata dal Covid. Ragioni considerate impossibili da accettare dai sindacati, i quali hanno indetto 24 ore di sciopero in tutte le sedi del gruppo.

Gli operai, molti in cassa integrazione, non vedono la fine alla luce del tunnel e le loro proteste, caratterizzate da distanziamento sociale e mascherine riflettono il loro umore: piccoli gruppi, attese lunghissime e attese infinite.

Come spiegano, la maggior parte di loro è in cassa integrazione da fine giugno 2019 ed è esausta.

Pericolo stipendio nullo per operai in cassa integrazione

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Il vero nodo da risolvere è quello del lavoro e dello stipendio: i soldi non bastano ad andare avanti e i due mesi di stop a causa del Coronavirus pesano come un macigno. Questo perché fino a fine marzo chi era in cassa integrazione la “sfruttava” solo per due settimane, mentre ora non si lavora proprio. Ecco quindi che mentre lo scorso anno lo stipendio era pari a 1200-1300 euro, quest’anno ne stanno percependo tra gli 880 e i 900 euro.

Una situazione che non sembra essere in procinto di cambiare dato che  l’azienda ha applicato altre cinque settimane di cassa Covid e dal 6 luglio ne farà scattare altre 9 di cassa integrazione ordinaria. Questo per i lavoratori significa davvero pochissimo lavoro e ancor meno possibilità d’integrare.

E se ciò non fosse abbastanza, tra i dipendenti ha iniziato a girare la voce che ArcelorMittal possa non anticipare la cassa integrazione come ha sempre fatto quest’anno. Nel caso in cui dovesse accadere, a giugno gli operai cassaintegrati non percepirebbero stipendio.

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