Lavoro a chiamata in edilizia, cosa sapere
Il lavoro a chiamata in campo edile? Non è sempre ammesso. Cerchiamo di fare chiarezza su ciò che serve e come può essere sfruttato.
Edilizia e lavoro a chiamata: le specifiche
Il lavoro a chiamata, noto anche come lavoro intermittente, è una forma contrattuale prevista dalla legge italiana che permette di impiegare un lavoratore solo quando l’azienda ha effettiva necessità, senza una prestazione continuativa. È una formula flessibile, pensata per rispondere a esigenze lavorative saltuarie.
Quando si parla di lavoro a chiamata in un settore come l’edilizia però la situazione si fa più delicata, perché questa forma di contratto presenta limitazioni ben precise e non sempre è ammessa. Dobbiamo ricordare che il lavoro intermittente può essere utilizzato solo in alcuni casi specifici, stabiliti sia dalla normativa nazionale che dai contratti collettivi.
In particolare, è vietato quando la natura dell’attività richiede continuità o è strutturalmente stabile nel tempo. Proprio per questo motivo, nel settore edile, il ricorso al lavoro a chiamata è in gran parte escluso, perché l’edilizia è considerata un ambito dove il lavoro è spesso organizzato in cantieri con una programmazione precisa e continuativa, anche se a tempo determinato.
Inoltre, secondo le indicazioni del Ministero del Lavoro e le interpretazioni dei principali contratti collettivi nazionali dell’edilizia, il lavoro intermittente non è compatibile con le modalità organizzative tipiche di questo settore. Gli operai edili, infatti, sono impiegati per svolgere mansioni complesse, spesso coordinate in gruppo, legate a standard di sicurezza molto rigidi. E vincolate da obblighi contributivi specifici come quelli previsti dalle Casse Edili.
Limiti anche dal punto di vista anagrafico
Il contratto a chiamata, invece, è pensato per attività più semplici, saltuarie e difficilmente conciliabili con il tipo di impiego richiesto in un cantiere. Esistono anche limiti anagrafici: il lavoro intermittente può essere usato solo per lavoratori con meno di 24 anni o più di 55 anni. A meno che non si tratti di settori o mansioni previste da specifici contratti collettivi. Tuttavia, anche in presenza di questi requisiti, nell’edilizia non è sufficiente per rendere legittimo il ricorso a questa tipologia contrattuale.
È importante sottolineare che l’uso scorretto del contratto a chiamata in edilizia può portare a sanzioni per l’azienda, oltre alla possibile riqualificazione del rapporto di lavoro da parte dell’Ispettorato. In altre parole, il lavoratore potrebbe essere considerato assunto a tempo pieno e indeterminato, con tutto ciò che ne consegue in termini di contributi e tutele.
Pur essendo uno strumento previsto dalla legge quindi, il lavoro a chiamata non è compatibile con l’edilizia. Se non in casi estremamente limitati e ben giustificati.