Smart working, niente geolocalizzazione del dipendente

di Valentina Cervelli 14 Maggio 2025 15:03

Lavori in smart working? Il tuo datore di lavoro non ha alcun diritto di geolocalizzarti. Lo ha stabilito il Garante per la privacy, sanzionando un’azienda che geolocalizzava i propri dipendenti.

Rispetto della privacy in smart working

Entrando nello specifico del caso, l’azienda geolocalizzava circa 100 dipendenti durante la loro attività in smart working. È importante sottolineare come questa modalità lavorativa possa offrire vantaggi concreti a entrambe le parti, se gestita correttamente. A una maggiore soddisfazione del lavoratore, infatti, corrisponde generalmente una maggiore produttività a beneficio dell’azienda.

Il fatto che debbano essere raggiunti determinati standard o che vi siano necessità organizzative non autorizza il datore di lavoro a geolocalizzare i dipendenti che operano da remoto. La decisione del Garante della privacy si basa sulla Legge n. 300 del 1970, ovvero lo Statuto dei lavoratori. In particolare, l’art.4 stabilisce che gli strumenti, di qualsiasi tipo, che consentano il controllo a distanza dell’attività lavorativa possano essere utilizzati solo per esigenze produttive, e organizzative. Nonché per la tutela del patrimonio aziendale e della sicurezza sul lavoro. Tuttavia, la legge specifica anche che questi strumenti possano essere installati solo previa stipula di un accordo collettivo.

A ciò si aggiunge quanto previsto dal Decreto legislativo n. 151 del 2015 (Jobs Act), che consente un controllo mirato su PC aziendali e smartphone, ma solo se il lavoratore riceve un’informazione chiara e trasparente circa le modalità di utilizzo e la gestione dei dati, nel rispetto della sua privacy. Si tratta di misure finalizzate alla tutela della riservatezza e della dignità del lavoratore. La nota n.2572 del 14 aprile 2023 emessa dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha ribadito questi principi. Sottolineando che per poter effettuare controlli sul lavoro da remoto è necessario un accordo sindacale oppure, in mancanza di questo, un’istanza autorizzativa presentata all’Ispettorato stesso.

Perché è stata sanzionata l’azienda

La normativa è molto chiara sul comportamento da adottare in entrambi i casi. L’azienda coinvolta, nello specifico, è stata sanzionata dal Garante per la privacy per aver cercato di verificare la corrispondenza tra l’indirizzo dichiarato nell’accordo di smart working e la posizione geografica effettiva del dipendente. Si trattava di un controllo a campione, eseguito telefonicamente, che prevedeva la richiesta di geolocalizzazione del PC o dello smartphone. Nonché l’effettuazione della timbratura tramite una specifica applicazione e la comunicazione via email del luogo in cui il dipendente si trovava in quel momento.

Sulla base dei dati raccolti e delle verifiche successive, potevano essere avviati procedimenti disciplinari. Un comportamento in palese violazione delle norme sopra descritte, che rappresentava anche un’interferenza nella vita privata dei lavoratori.

Lo smart working può rappresentare un ottimo strumento per il datore di lavoro per migliorare i risultati aziendali. Tuttavia, se da una parte il dipendente è tenuto a rispettare le regole contrattuali, dall’altra il datore di lavoro è chiamato a garantire il rispetto della privacy e della dignità della persona.