Stellantis vuole rimanere in Italia?
Stellantis vuole rimanere in Italia? E’ la domanda che si stanno facendo in molti davanti ad alcune scelte occupazionali e di investimento.
Cosa sta facendo Stellantis
Va sottolineato che il rafforzamento della forza lavoro in Africa è qualcosa che Stellantis non ha mai nascosto. E sarebbe assurdo far finta di non vedere tutti gli altri brand che già hanno investito in quei luoghi. In particolare il Marocco sembra essere il principale “punto di ritrovo” dei brand: la produzione che avviene in loco è pari a quella che avviene in Italia.
Senza contare che l’industria della componentistica appare tanto fiorente tanto quella automobilistica. E capace di rifornire la Spagna e in generale anche le altre fabbriche presenti in Europa. La stessa politica di alcune Nazioni africane sembra puntare a rendere appetibile i propri confini all’automotive e in questo non c’è niente di male. Il problema., con Stellantis in particolare, nasce nel momento in cui i sindacati notano che gli investimenti iniziano a scarseggiare in Italia.
Paese dove Stellantis ha assicurato di voler mantenere le proprie produzioni. Non bisogna dimenticare poi che Peugeot, brand parte del gruppo franco italiano già opera in Marocco.
Detto ciò, la preoccupazione delle parti sociali non è per l’investimento in Africa di per sé. Ma, come ha spiegato a Il Fatto quotidiano Giorgio Airaudo, segretario di Cgil Piemonte, è che qui in Italia gli operai che potrebbero lavorare allo stesso modo si trovano attualmente in cassa integrazione.
“Anche per quello che era il quartier generale di Fca in Europa, ovvero Mirafiori a Torino”, sottolinea, “non vedo segnali di rilancio ma piuttosto di progressivo ridimensionamento“. E rimarca come si sia arrivati a incentivi pari a 120 mila euro per lasciare il lavoro.
Anima italiana gruppo molto diluita
Gli investimenti in Africa, sottolineano alcuni esperti, potrebbero essere intesi come uno spostamento verso Parigi del baricentro di un gruppo che dalla sua fondazione, nonostante le varie fusioni, ha sempre avuto un anima totalmente italiana.
Tecnicamente parlando, pur essendo primo azionista Exor degli Agnelli con un 14,3 %, ha una quota minore rispetto alla somma delle quote degli azionisti francesi. Tra i quali figura con un 6,1% anche lo stesso Stato francese.
La politica viene considerata un po’ colpevole di questo stato di cose perché, a differenza dei corrispettivi degli altri Stati presenti nel gruppo, quella italiana sembra non essere in grado di assicurarsi il peso necessario.
Lasciando indietro i lavoratori di quella che prima era la Fiat, marchio automobilistico italiano per eccellenza a dover temere per la propria occupazione futura. Perchè? Perché “diluiti” in una realtà di tipo internazionale.
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