Vinted: un lavoro da tassare?

di Valentina Cervelli 10 Novembre 2025 10:34

Negli ultimi anni Vinted è diventata una delle piattaforme più popolari in Italia per la compravendita di abbigliamento e accessori di seconda mano. Bisogna pagarci sopra le tasse? E’ una domanda che è lecito porsi.

Vinted e tasse, cosa comporta?

Il successo di Vinted si deve alla semplicità d’uso e alla possibilità di dare nuova vita a capi inutilizzati, contribuendo anche a un consumo più sostenibile. Ma vi sono dei veri e propri obblighi fiscali? E se la risposta è positiva, come funziona in Italia?

Per capire come gestire la cosa è importante distinguere tra chi utilizza Vinted in modo occasionale e chi lo fa in maniera abituale o professionale. In fin dei conti stiamo cercando di capire se venga considerato una sorta di “lavoro”.

Nel primo caso sopracitato rientrano le persone che vendono saltuariamente capi usati di proprietà, magari per liberare spazio nell’armadio o per guadagnare qualche soldo extra. Queste operazioni, dal punto di vista fiscale, non generano un reddito imponibile, perché non si tratta di un’attività commerciale ma di una semplice cessione tra privati.

In altre parole, se un utente vende un maglione usato o una borsa acquistata anni prima, non deve dichiarare nulla al fisco, poiché non si configura un guadagno vero e proprio, ma solo il recupero parziale di una spesa già sostenuta.

Cosa è dovuto e quando

Diverso è il caso di chi utilizza Vinted in modo sistematico, acquistando o producendo articoli con l’intento di rivenderli. In questa situazione, l’attività assume le caratteristiche di un commercio continuativo e quindi può essere considerata a tutti gli effetti un’attività economica.

Ciò significa che il venditore deve aprire una partita IVA, iscriversi alla gestione INPS di riferimento e dichiarare i redditi derivanti dalle vendite. In questo caso, i guadagni saranno soggetti alla normale tassazione prevista per le imprese o i lavoratori autonomi, in base al regime fiscale scelto, come ad esempio il regime forfettario od ordinario.

Un aspetto interessante riguarda il ruolo della piattaforma stessa. A partire dal 2024, con l’entrata in vigore della Direttiva europea DAC7, piattaforme digitali come Vinted, eBay o Airbnb sono obbligate a comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi ai venditori che effettuano un numero significativo di transazioni o che superano determinate soglie di guadagno.

Questo serve a rendere più trasparente il mercato digitale e a contrastare l’evasione fiscale. La soglia di riferimento in Italia? Trenta vendite o cinquemila euro all’anno: superati questi limiti, i dati vengono trasmessi automaticamente al fisco, che potrà verificare se l’attività è compatibile con una gestione da privato o se, invece, richiede l’apertura di partita IVA.