Prestiti imprese, Codacons denuncia: informazioni sbagliate
Purtroppo a rappresentare un problema per la ripresa del lavoro in Italia nella fase 2 di approccio all’emergenza coronavirus, non vi è solo la necessità d’imparare a lavorare in modo completamente differente da quello al quale si era abituati, ma la mancanza di fondi per garantire alle aziende e agli uffici di ricominciare. Il Codacons, in tal senso, denuncia l’incapacità di poter ottenere il prestito a causa d’informazioni sbagliate.
Poche informazioni e sbagliate dalle banche
I lavoratori in questi mesi sono quelli che hanno sofferto di più: non tutti hanno avuto la possibilità di poter lavorare in smart working e alcuni stanno ancora attendendo la cassa integrazione ordinaria e in deroga. Non solo: la maggior parte delle imprese sta facendo fatica a ripartire e questo nonostante i fondi messi a disposizione dal governo. La ragione? Accedere ai pagamenti sembra essere quasi impossibile.
Il Codacons è stato uno dei primi a denunciare queste difficoltà, sostenendo come dalle banche arrivino poche informazioni e di come nella maggior parte dei casi siano sbagliate: ecco quindi che accedere al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese messo a disposizione sembra essere diventato qualcosa d’impossibile. A partire dalla incapacità dei vari enti di gestire le chiamate d’informazione fino alla richiesta di specifica documentazione che in teoria non dovrebbe, per decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, essere richiesta.
La maggior parte delle banche non sembrano avere una preparazione adeguata all’erogazione della aiuti: secondo il Codacons sono stati pochi gli operatori in grado di dare informazioni adeguate alle domande fatte e, se questo non bastasse, non sono assolutamente chiari i criteri sui quali la banca erogante basi la sua decisione, nonostante le raccomandazioni e le norme dettate dal decreto governativo dedicato.
Richieste di documentazione non necessaria
Diversi istituti rispondono che il creditore deve essere valutato e risiede proprio qui la falla dell’intera situazione: la legge infatti stabilisce che in questo caso, per l’erogazione dei prestiti alle piccole e medie imprese legati all‘emergenza coronavirus non vi è bisogno di alcuna valutazione su richiedenti, a eccezione di quelli che posseggono segnalazione nella centrale rischi o non hanno pagato in passato i propri debiti.
L’unica cosa che appare chiara al momento è che il settore bancario, nonostante le rassicurazioni, non solo è lontano dall’essere preparato sul tema ma non è in grado di fornire ai cittadini il servizio che spetta loro.
Va detto che l’Abi al momento sta facendo di tutto per poter stare dietro a tutti i cambiamenti e preparare gli istituti italiani ad affrontare l’emergenza: forse serve un maggiore impegno da parte dei singoli istituti e uno snellimento delle pratiche burocratiche dato che al momento per accedere ai prestiti da 25 mila euro garantiti dallo Stato vi può essere bisogno addirittura di compilare fino a 21 moduli.
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