Smart Working, scuse e vantaggi
La pandemia di coronavirus ha costretto i datori di lavoro a favorire sempre di più lo smart working rispetto al lavoro in presenza in ufficio: questo ha portato a nuove tecniche di adattamento da parte dei lavoratori ma anche a nuove scuse da presentare in caso di problemi.
Ancora tante persone in smart working
Con questo non si vuole dire che il lavoratore cerchi di lavorare di meno adducendo motivazioni astruse, ma è pur vero che per giustificare dei piccoli ritardi nelle consegne non sempre si è pienamente sinceri nel palesarne le ragioni. Molte categorie lavorative celebreranno questo febbraio il loro primo anno di smart working: e se le professioni legate al web sono ormai abituati a muoversi in questo modo da anni grazie proprio la flessibilità che il settore consente, questo non è altrettanto valido per chi fa lavoro di ufficio in diversi contesti. Al momento a lavorare in smart working sono circa 5,35 milioni di italiani, come stimato dal osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.
Quel che è stato notato è che all’inizio di questa “avventura” le difficoltà per i lavoratori erano molte di più rispetto ad ora: le capacità pian piano acquisite hanno reso possibile rendere più fluida la gestione degli impegni e degli obiettivi da raggiungere. Il fatto poi che si possa in questo modo evitare di andare al lavoro comporta non solo una organizzazione migliore del tempo ma anche un notevole risparmio per ciò che concerne gli spostamenti e la logistica della propria occupazione.
Le scuse più diffuse
Come però è stato anticipato, questo ha portato anche alla nascita di nuove scuse per giustificare piccoli ritardi o altre piccole mancanze: la scusa migliore, nonché la più usata, è quella dei problemi di connessione internet. E se in alcuni casi, soprattutto in zone dell’Italia che non sono raggiunte dalla Fibra o dalla ADSL classica, ciò può corrispondere a verità, nelle grandi città è molto più difficile credere che una connessione in fibra non sia in grado di dare alla persona la possibilità di lavorare senza problemi, soprattutto se tali problematiche non vengono segnalate dal provider.
Quando il problema è rappresentato da una risposta che non si vuole dare, è il microfono il protagonista assoluto delle scuse: sebbene venga messo in modalità mute manualmente, si sostiene che lo stesso sia entrato in questa modalità in maniera automatica e che quindi la risposta sia venuta a mancare per un problema tecnico.
Indubbiamente questo nuovo adattamento al lavoro richiesto dalla pandemia di coronavirus non è semplice da gestire per tutti: proprio per tal motivo però si dovrebbe cercare di ottimizzare i vantaggi per evitare di dare scuse poco credibili.
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