Intesa Sanpaolo e l’offerta su Ubi Banca: uscite solo su base volontaria
Intesa Sanpaolo lancia un’offerta su Ubi Banca e la prima domanda che viene da porsi dopo la sorpresa iniziale è una: che fine faranno i lavoratori? A quanto pare le uscite previste saranno tutte volontarie, secondo l’ad di Intesa Carlo Messina.
Cosa accadrà ai lavoratori in caso di unione
Quando una simile proposta di unione viene fatta di solito a pagare il prezzo più alto sono i lavoratori che spesso si trovano a dover lasciare il proprio posto per via di tagli e contenimento dei costi. Intesa Sanpaolo deve aver pensato tutto fin nel minimo dettaglio se assicura attraverso il suo amministratore delegato che verrà creato “valore per tutti” e che tutte le uscite previste, sebbene non poche, avverranno tutte su base volontaria.
Ubi Banca ancora deve dare il suo parere in merito a questo tentativo di acquisizione condotto con un’offerta in scambio azionario davvero imponente, 4,9 miliardi di euro, ma va sottolineato che nel suo discorso Carlo Messina ha posto un particolare accento sulla forza lavoro: quindi dismettere completamente la possibilità di un’unione senza sofferenze non sarebbe giusto.
L’istituto bergamasco si trova ora nella situazione di dover decidere se mettersi a disposizione di una unione che potrebbe sì portare numerosi benefici ma anche di fatto cozzare con la messa in atto del piano industriale già programmato. Dalla fusione, che in realtà sarebbe un’acquisizione, si otterrebbero tra il 2021 e il 2023 “ulteriori 30 miliardi di erogazioni di credito per supportare l’economia italiana”, con una crescita importante dei finanziamenti legati all’economia green (60 miliardi, N.d.R.) co nuova unità dedicata alla Sostenibilità sia a Bergamo che a Brescia.
Un quadro completato dai 730 milioni di euro di sinergie annuali stimate prima delle tasse con utili consolidati di 6 miliardi di euro nel 2022.
L’offerta di Intesa su Ubi Banca
Parlando dell’offerta lanciata da Intesa Sanpaolo su Ubi Banca, va sottolineato come Carlo Messina e il suo istituto siano convinti delle potenzialità derivanti dall’unione tra le due banche: qualcosa che risulterà soddisfacente sia per gli azionisti che per lavoratori e consumatori.
Il polo che nascerebbe dalla fusione dei due istituti sarebbe grande poco meno di quello gestito da Deutsche Bank e risulterebbe il terzo per capitalizzazione con un passaggio da 44 a 48 miliardi di euro e il settimo per ricavi, che passerebbero da 18 a 21 miliardi di euro. I mercati, senza dubbio, ieri hanno gradito la possibilità e hanno premiato i rispettivi titoli a Piazza Affari: una reazione importante a una delle prime mosse in Europa di serio consolidamento bancario.
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